1-2-3 novembre 2010

Il CIM Gruppo di Corsa in Montagna della Società Alpina delle Giulie, dopo un paio d’anni d’oblio, nel 2010 è ritornato alle  grandi traversate in stile podistico. Questa volta è toccato al “SENTIERO DI MATILDE DI CANOSSA”, lungo le tracce della vecchia via che, sin dal Medioevo, con partenza da Ciano d’Enza (Canossa), raggiunge San Pellegrino in Alpe, splendido balcone affacciato sulle alture della Garfagnana a quota 1600 m, collegando rocche, castelli, borghi isolati e antiche pievi solitarie. Quasi 90 km, poco meno di 4500 m di dislivello in salita e 3700 m di dislivello negativo, attraverso boschi, creste e lungo vecchi tratturi, percorsi in 3 tappe per complessive 14 ore e spiccioli di corsa. Protagonisti di questo splendido viaggio podistico sulle tracce del passato, i seguenti componenti del CIM: Lorenzo “Dusty” Cadelli, Dario Loredan, Gianfranco Moro, Marco Tossutti e Paolo Glavina (nella 1° tappa), aiutati dalla granitica logistica formata da Flavia Devetta, Paola Bottos, Cristina Zucca, Alessandra Canestri e Irina Pertot (nella 1° tappa).

Calendario alla mano, viene scelto per l’avventura il ponte di novembre: le giornate saranno magari più corte, ma le temperature medie del periodo sono certamente più adatte all’attività fisica prolungata nel tempo… eppoi, ci diciamo, sai che spettacolo con i caldi colori autunnali e le terse giornate che solo novembre sa regalare!!! Così, nel primo pomeriggio di sabato 30 ottobre, radunatasi a Duino, una piccola carovana di 3 camper e una station-wagon parte verso ponente incontro a un tiepido sole, praticamente l’unico che vedremo sino al rientro!

Dopo una lauta cena e il pernottamento in uno splendido agriturismo sulle colline sovrastanti Reggio Emilia, la domenica mattina ci si trasferisce alla vicina Canossa: la partenza dell’itinerario è prevista proprio dalla stazione ferroviaria del centro emiliano. Appena in tempo per qualche foto di rito, che inizia a piovere: una pioggerellina sottile, appena percettibile, inizialmente non fastidiosa –anche perché la temperatura è mite- ma insistente, che non smetterà di accompagnare la nostra corsa fino a sera… Che la dominante della traversata diventasse l’acqua, bisognava intuirlo già dai primi chilometri percorsi: ben 5 guadi di altrettanti torrenti in meno di un’ora di corsa… il messaggio doveva essere chiaro: bagnati da sopra e bagnati da sotto, senza alcuna remissione! Il percorso è comunque ben segnato e i paesaggi affascinanti: splendidi boschi alternati a prati o campi coltivati e pendii mai troppo ripidi rendono le prime ore di corsa leggere e veloci. Rapida deviazione e tappa al castello di Canossa, sotto gli sguardi incuriositi dei pochi turisti presenti e via verso l’abitato di Casina, dove è previsto un ristoro caldo preparato dalle accompagnatrici. Il tempo di sbocconcellare qualcosa e d’indossare abiti asciutti, che i tempi stretti della tabella di marcia richiamano all’ordine: mancano ancora un paio d’ore buone alla fine della prima tappa, Carpineti. Un piccolo errore di rotta (come si fa a lasciare una bella discesa su morbidi pendii prativi per una fastidiosa salita?!) non ostacola particolarmente la marcia: con buon anticipo sull’imbrunire anche Carpineti, sempre sotto la pioggia, è raggiunta.

Il lunedì di Ognissanti sembra iniziare all’insegna di un meteo più clemente: alla sveglia non piove, anzi sembra che il cielo schiarisca. Ma non si fa in tempo a salutare la famiglia Glavina, rientrante a Trieste, che puntuale, alla ripresa del sentiero riprende anche a piovere. L’incitamento dei paesani, raccolti dalla festività nella piazza centrale, mantiene alto il morale del nostro gruppetto.
Una ripida salita in un folto bosco di castagni ci accompagna alla rocca di Carpineti: ancora pioviggina, ma uno sprazzo più chiaro si apre sulla sottostante verde vallata del fiume Secchia, permettendo di gustare l’ampio panorama. Il percorso continua su spettacolari sali-scendi attraverso radi querceti e boschi di rovere, accesi talvolta da un caldo color oro, regalo di qualche breve raggio di sole. Si incontra qualche cacciatore impegnato in battute al cinghiale, si attraversano un paio di borghi quasi fuori dal tempo, si percorrono le aie di un paio di fattorie; dalle brume spuntano pievi che hanno raccolto chissà quali preghiere o richieste: a noi basterebbe che il meteo rimanga come nell’ultimo tratto… purtroppo non è così! Dapprima lieve, poi sempre più insistente riprende la pioggia: il terreno è saturo d’acqua, che si raccoglie in pozze limpide sui tratti più erbosi o rammollisce le argille nei tratti nudi. Ad ogni passo le scarpe raccolgono strati di fango appiccicoso che più volte ci costringe a fermarci per ripulire la mota e alleggerire il passo. Un borgo attorno una tipica casa a torre ci permette una breve pausa ristoratrice all’asciutto di una tettoia: dalla mappa e dai tempi di percorrenza riportati dalle insegne che tracciano il sentiero, manca poco a Toano, tappa intermedia di questa giornata, dove ci attendono ricambi asciutti, qualche sorso di brodo caldo e un boccone più appetitoso delle barrette o dei gel energetici che abbiamo appresso. La pioggia però non diminuisce, anzi è sempre più fastidiosa e siamo decisamente bagnati: il pensiero del ristoro che ci attende è un ottimo sprone per superare quest’ultima mezz’oretta e dunque continuiamo baldanzosi. Appena usciti dal borgo, ad un incrocio, il palo che sorregge la tabelle dei segnavia è divelto: le tracce ed i bolli continuano in tutte le direzioni… purtroppo noi prendiamo quella sbagliata e raggiungiamo Toano dopo un lungo giro che ci ruba un sacco di tempo e di energie ma soprattutto smonta l’entusiasmo, anche perché oltre al continuo fastidio dell’acqua inizia a rinfrescare. Raggiunta la pieve matildica di Santa Maria a Toano, posta in sommità del Monte Castello ad oltre 900 m di quota, dove ci aspettano i camper della logistica, siamo esausti: date le condizioni atmosferiche che sembrano peggiorare sempre più, decidiamo di interrompere la marcia, per riprenderla all’indomani. Ripieghiamo all’agriturismo che ci ospiterà per la notte: una doccia calda e soprattutto una splendida cena in un’osteria tipica di Gazzano, nel cuore dell’appennino modenese, ci rincuora e ci ricarica le batterie in vista dell’ultima, prolungata tappa dell’indomani.

Martedì 2 novembre: la logistica ci riaccompagna alla pieve di Santa Maria. Oggi la tappa sarà lunga e faticosa: dobbiamo infatti recuperare il tratto non compiuto il giorno prima. Gli auspici sembrano favorevoli: il sentiero è subito in discesa e siamo accompagnati, anche se forse sarebbe più corretto dire “sverniciati” da una coppia di giovani caprioli. Piove, e non è una novità: fortunatamente non sembra fare così freddo e dunque siamo fiduciosi. I soliti splendidi boschi ci accompagnano e in parte ci proteggono dalla pioggia: superiamo un’antica fonte e risaliamo verso uno dei tratti più affascinanti dell’intero percorso, le Balze del Malpasso. Peccato non avere tempo (ed energie da “sprecare”!) per esplorare i sentieri attrezzati lungo le forre ed i canali scavati dall’acqua del torrente nelle rocce arenarie quasi al confine tra Emilia e Toscana… ci accontentiamo di alcuni passaggi su traballanti passerelle in legno scivoloso e qualche scorcio rubato passando per delle comode cenge rocciose (il passaggio più tecnico dell’intera traversata). Lasciate alle spalle i giochi di roccia ed acqua del Rio Malpasso, ci aspetta un’altra bellezza: il Ponte di Cadignano. Un ponte rampante, completamente in pietra, risalente al Medioevo e perfettamente conservato, testimone di un’epoca remota, dove i collegamenti avvenivano solo a piedi o a cavallo, lungo tracciati del tutto analoghi a quelli che per sport percorriamo in questi giorni. Oltre il ponte ci aspetta una sorpresa: a causa delle piogge insistenti il corso d’acqua, che teoricamente abbiamo appena attraversato, è esondato allagando letteralmente il vecchio tratturo che stiamo seguendo… corriamo per lunghi tratti con l’acqua alle caviglie, controcorrente, come i salmoni, ma non sono rare le pozze più profonde con il livello che sale a metà coscia! Fortunatamente la traccia sale e dunque possiamo quanto meno preoccuparci solo dell’acqua che continua a cadere dal cielo. Una deviazione non prevista, causata da una frana recente ed ancora attiva, ci fa risalire sino alla provinciale che avremmo dovuto incrociare solo più tardi, ma che ci permette di attraversare il fronte della frana stessa sulla passerella pedonale in grigliato metallico di un moderno ponte di acciaio e cemento, molto meno carico di fascino di quello oltrepassato poco prima! Dopo alcuni chilometri riprendiamo la traccia originariamente prevista, lungo la vecchia strada dismessa che porta al bacino idrico di Fontanaluccia, che già si scorge sullo sfondo, dove è prevista la tappa intermedia e il ristoro della frazione odierna. Ha smesso di piovere e alcuni raggi di sole ci scaldano dalla fredda umidità accumulata. Fontanaluccia è però più lontana di quel che sembra e la tabellina di marcia è ben sforata… Finalmente pausa: cibo caldo e sostanzioso, cambio d’abito e pronti per ripartire. Ma le nuvole si richiudono sopra le nostre teste e riprende a piovere… Il sottoscritto (Davo) il meno allenato del quartetto, da forfait e pur se “atapirato” saluti i tre amici che continuano verso la meta: San Pellegrino in Alpe.
Nel bosco, la traccia sale ripida tra le foglie di castagno che l’autunno ha accompagnato a terra: dopo un bel tratto e forti del dislivello guadagnato, per i reduci c’è una nuova sorpresa… come il giorno prima un palo divelto fa perdere la traccia corretta: alcune ricognizioni in su e in giù, ma non si riesce a trovare dove sia il bivio giusto! Sale lo sconforto, ma viene in aiuto la tecnologia: la mappa di Google appare grazie ad una connessione rubata e i nostri riescono a fare il punto della situazione e ricollegarsi alla traccia corretta. Un oratorio, un monumento ai caduti: finalmente arrivati al Passo delle Radici… ormai è quasi fatta! Provvidenziale, un bar – osteria è aperto e permette ai tre di sorbire qualcosa di caldo e avvisare la logistica, grazie al campo telefonico ritrovato, della propria posizione. Recuperate le energie, dal piccolo Borgo arroccato a San Pellegrino in Alpe, decido di andare loro incontro: dopo una buona mezz’ora sotto l’acqua gelida (siamo a quota 1600 m) e in mezzo a brandelli di nuvole, vedo le luci traballanti di 3 frontali… il gruppo è di nuovo unito e possiamo dirigerci con passo spedito alle guadagnate libagioni serali a base di funghi, tartufi e sangiovese!!

La splendida compagnia, il morale alto, l’impeccabile lavoro della logistica e il fascino avvolgente dei posti attraversati, sono stati il mix ideale che ha permesso la riuscita di questa memorabile traversata. GRAZIE A TUTTI.

E adesso i dati tecnici:

1° tappa: Canossa – Carpineti; ca. 33,5 km – dislivello positivo 1575 m, dislivello negativo 1265 m, tempo effettivo di corsa 5 h. 07 min;
2° tappa: Carpineti – Toano; ca. 22,0 km – dislivello positivo 1080 m, dislivello negativo 985 m, tempo effettivo di corsa 3 h. 41 min;
3° tappa: Toano – San Pellegrino in Alpe; ca. 34,5 km – dislivello positivo 1835 m, dislivello negativo 1405 m, tempo effettivo di corsa 5 h. 52 min.
TOTALE: ca. 90 km – dislivello positivo 4490 m – dislivello negativo 3655 m; tempo effettivo di corsa 14 h. 37 min

 

Lorenzo “Dusty” Cadelli
Paolo “Paulin” Glavina
Dario “Davo” Loredan
Gianfranco “Gianfry” Moro
Marco “Tox” Tossutti

CAI CIM SAG TRIESTE